C’è sempre stata, se ne parla da sempre, ma sembra che negli ultimi anni la situazione stia diventando sempre più grave, tanto da essere considerato un vero e proprio problema: stiamo parlando della famigerata “fuga dei cervelli”, ovvero dei professionisti che lasciano l’Italia per andare a lavorare altrove. Quali sono le motivazioni che spingono queste persone a lasciare il loro paese? E cosa si potrebbe fare per cercare di arginare il fenomeno? Il dibattito resta aperto, anche se sembra che le soluzioni siano ben lontane dall’essere messe in pratica.
Fuga dei cervelli: numeri e mete
Per capire il fenomeno, bisogna dare uno sguardo alle cifre, allarmanti, che circolano. Solo nel 2016, circa 50 mila giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni hanno deciso di lasciare l’Italia per cercare fortuna altrove. In totale, più di 5 milioni di italiani risiedono stabilmente all’estero. Le mete? Beh, il Regno Unito è in vetta alla classifica, seguito dalla Germania e dalla Svizzera. Ma alle classiche mete, si sono aggiunti di recente gli Emirati Arabi Uniti, con Dubai e Abu Dhabi in testa.
Perchè gli italiani scappano all’estero?
Basta parlare con uno dei tanti giovani (o meno giovani) professionisti che hanno deciso di lasciare il nostro paese per andare a lavorare all’estero, per ricevere risposte molto simili. C’è chi si sposta per mancanze di opportunità: in Italia sembra sempre più difficile trovare un vero lavoro, ben pagato e che garantisca anche una buona soddisfazione professionale. C’è anche però, chi decide di emigrare per accettare opportunità ben migliori rispetto a quelle che ha trovato nel Bel Paese. Insomma, le opportunità lavorative sono poche e quando ci sono, sono mal pagate o con contratti brevi su cui non si può contare. Molto spesso, questo impedisce anche di mettere in pratica progetti di vita, come quello di mettere su famiglia o comprare casa. Ecco perché in tanti decidono di lasciare la patria e andare alla ricerca della soddisfazione professionale al di là dei confini.
E le soluzioni?
Se il “perchè” è già di per sé un tasto dolente, quella delle soluzioni sembra una questione destinata a mettere ancora di più in crisi (se possibile). Perché, e questo è l’aspetto tragico, le soluzioni esisterebbero: basterebbe avere delle regole che tutelano i lavoratori e i professionisti, sostenere i giovani, garantire la possibilità di avere il sostegno delle istituzioni (pubbliche o private) quando si decide di avere un figlio. Insomma, basterebbe creare le stesse condizioni che i professionisti trovano all’estero. E così, magari, meno cervelli italiani, brillanti e pronti a dare un futuro migliore al nostro paese, dovrebbero scegliere di prendere la strada (a volte molto dolorosa) dell’emigrazione. Purtroppo, sembra che quello che manca non siano le soluzioni, ma la volontà (soprattutto politica) di metterle in pratica per risolvere la questione.